Travel Policy: ciò che Verona ci ha insegnato

A Verona, il 25 settembre, l’incontro regionale AITMM ha riunito Travel Manager, aziende e professionisti del settore per affrontare un tema che oggi è al centro di ogni strategia di business travel: la Travel Policy.
Non più vista come un insieme di regole, ma come uno strumento vivo, capace di orientare, semplificare e creare valore.

A condurre i lavori del pomeriggio, Rosemarie Caglia (Travel for business), che ha guidato i laboratori con metodo esperienziale e partecipativo, affiancata dalla responsabile di area Triveneto Daniela Berdin.

LABORATORIO 1. Costruire: i mattoni e i macigni

🔍 Obiettivo del laboratorio

Far emergere — in modo visuale e simbolico — gli elementi che rendono solida una policy (i “mattoni”) e quelli che ne pesano l’efficacia (i “macigni”).

🧱 Mattoni — gli ingredienti indispensabili

Durante l’esercizio, sono emersi temi ricorrenti, che possono essere considerati i pilastri su cui fondare una Travel Policy funzionale:

  • Chiarezza e trasparenza: regole comprensibili, spiegate con esempi pratici, facilmente accessibili.
  • Semplicità di processo: per il viaggiatore, per l’ufficio che approva, per il gestionale.
  • Approccio “end-to-end”: accompagnamento del viaggiatore prima, durante e dopo il viaggio (informazioni anticipate, supporto in emergenza, feedback a consuntivo).
  • Flessibilità nei margini: pur mantenendo controlli, offrire spazi per casi particolari o contesti eccezionali.
  • Empatia e linguaggio umano: terminologia “amica” anziché burocratica, tono che invita e spiega anziché punire.
  • Sistema di misurazione e revisione: indicatori chiari, monitoraggio dei fuori-policy e meccanismi di aggiornamento continuo.

Questi elementi sono stati raccolti, condivisi, discussi: non come desideri ideali, ma come caratteristiche aspettate da chi vive ogni giorno la policy.

🪨 Macigni — ostacoli e frustrazioni

Sul versante opposto, i partecipanti hanno evidenziato i principali limiti e fattori dissuasivi che oggi rallentano l’adozione:

  • Limiti di spesa troppo restrittivi o poco realistici, che non tengono conto delle varianti territoriali o del mercato.
  • Testi lunghi, complessi, con articoli e clausole poco leggibili — lo scorrimento mentale “si spegne” davanti a pagine di regolamento.
  • Comunicazioni troppo astratte: “non puoi fare questo”, invece di “ti consigliamo così per …”.
  • Processi approvativi lenti e opachi: approvazioni che si bloccano, passaggi non definiti, situazioni di stallo.
  • Mancanza di risposta in emergenza: cosa fare se all’ultimo momento serve modificare un viaggio? Chi decide?
  • Assenza di  conseguenze condivise e definite, che genera incertezza.
  • Disallineamento fra funzioni aziendali: policy concepita da un ufficio, calata su altri senza coinvolgimento operativo.

📈 Analisi e implicazioni

Questo esercizio ha scatenato consapevolezza: una Travel Policy non è neutra. Le scelte linguistiche, i vincoli, i limiti, i processi non adeguati producono esperienze emotive — fiducia o frustrazione, adesione oppure disallineamento.

Un documento nato dalla sola “compliance” rischia di restare lettera morta: serve trasformarlo in un oggetto esperienziale, pensato per chi lo vive quotidianamente.

🛠 Azioni suggerite

  1. Ridurre i “macigni” prima di tutto — rivedere limiti rigidi, snellire, eliminare clausole obsolete.
  2. Ridisegnare il documento in modo modulare, con sezioni chiare, esempi pratici, infografiche, flow chart.
  3. Coinvolgere i viaggiatori in fase di test: campione pilota che utilizza la proposta di policy e segnala criticità.
  4. Definire regole di escalation rapide per casi emergenziali, con soglie e responsabili delineati.
  5. Creare un ciclo di revisione periodica, alimentato da dati reali di utilizzo fuori policy, costi imprevisti, difficoltà segnalate.

LABORATORIO 2. Condividere: la forza delle storie

🎯 Obiettivo

Trovare modalità efficaci e creative per comunicare internamente la policy, affinché non resti un testo freddo, ma “viva” negli animi e nei comportamenti.

💡 Idee emerse

Nel laboratorio, i partecipanti hanno immaginato campagne interne ispiratrici:

  • Micro-video / pillole informative, narrate come piccoli racconti di viaggio con situazioni reali.
  • Tutorial “how to” semplici, corredati da esempi in contesti aziendali reali.
  • Storie di viaggio aziendali, con protagonisti reali che raccontano come hanno applicato la policy e le scelte fatte.
  • Infografiche e poster visivi, da diffondere negli spazi aziendali (uffici, intranet).
  • Newsletter tematiche, con focus mensili su articoli chiave della policy.
  • Quiz interattivi / sfide per coinvolgere e stimolare la conoscenza (es. “qual è il limite di spesa in questa città?”).
  • Sessioni live / webinar di lancio, con testimonianze e Q&A.

🧩 Analisi

Questa fase ha messo in luce un punto essenziale: una policy non “si spiega”, si racconta. Le regole da sole non bastano; serve un contesto narrativo che le renda memorabili e “vicine” al vissuto.

Per funzionare, la comunicazione deve:

  • partire da esperienze concrete, non da enunciati astratti,
  • parlare il linguaggio delle persone, non degli uffici,
  • essere continuativa, non un evento sporadico,
  • mantenere coerenza visiva e grammaticale, per fare della policy un “brand interno”.

🛠 Azioni suggerite

  1. Definire un piano editoriale di comunicazione interna biennale: fasi di lancio, refresh, “pillole di ripasso”.
  2. Creare una “story bank” aziendale con racconti reali che possano essere trasformati in mini-storie da diffondere.
  3. Coinvolgere ambassador interni, viaggiatori esperti, per testimoniare dal basso l’uso della policy.
  4. Valutare l’uso di sistemi gamificati, quiz, sfide per aumentare engagement e conoscenza.
  5. Monitorare l’efficacia della comunicazione (metriche: apertura newsletter, quiz completati, richieste di chiarimento) e adattare il piano.

LABORATORIO 3. Coinvolgere: mettersi nei panni del viaggiatore

🎯 Obiettivo

Far emergere le aspettative e le esigenze “emotive” del viaggiatore rispetto alla policy, esplorando cosa renderebbe una policy sentita come “mia”.

💬 Risultati emersi

  • Desiderio di ascolto e feedback post-viaggio: non essere solo soggetto passivo, ma poter segnalare criticità, proporre miglioramenti.
  • Chiarezza sulle motivazioni: non solo il come, ma il perché di ogni regola, con contesto e logiche aziendali.
  • Riconoscimento personale: non trattare il viaggiatore come numero, ma come persona con esigenze diverse.
  • Supporto in situazioni “borderline”: consapevolezza che non tutti i casi sono prevedibili; serve una “zona grigia” gestita con flessibilità.
  • Formazione “esperienziale” prima del primo viaggio: a chi è nuovo, un percorso guidato per capire strumenti, policy e “cultura del viaggio” aziendale.
  • Materiali leggeri, “da tasca” (checklist, app, template) che accompagnino il viaggio sul campo.
  • Canali aperti di dialogo continuo, sia digitale (chat, piattaforme) che fisico (incontri periodici).

🔍 Analisi

Questo laboratorio ha mostrato che il “viaggiatore ideale” non vuole sentirsi ostacolato da una policy: vuole coerenza, rispetto, trasparenza e supporto.

Una policy che ignora queste dimensioni rischia di ottenere obbedienza forzata, non adesione consapevole. Il salto di qualità è passare da “obbligo” a “compagnia fidata” nel percorso del viaggio.

🛠 Azioni suggerite

  1. Istituire un sistema di feedback post-viaggio, con breve survey, interviste o focus group regolari.
  2. Creare momenti di ascolto strutturati, ad esempio trimestrali, per far emergere criticità emergenti e aggiustamenti.
  3. Formazione “onboarding viaggio” per i nuovi viaggiatori, con sessioni pratiche e scenari.
  4. Realizzare materiali pratici, checklist digitali, app per mobilità, guide locali “policy in viaggio”.
  5. Definire criteri di flessibilità, casistiche gestibili “fuori parametro” con approvazioni rapide, evitando che tutto diventi oggetto di contenzioso.

Interconnessioni e sinergie tra i laboratori

È fondamentale notare che i risultati dei laboratori non sono indipendenti: sono intrecciati e sinergici. Ecco alcune riflessioni sulle relazioni tra loro:

  • Senza costruire una struttura solida e umana, non c’è “racconto” credibile da comunicare (laboratorio Condividere).
  • Senza una buona comunicazione interna, il viaggiatore non può essere coinvolto (laboratorio Coinvolgere).
  • Senza il confronto con chi vive la policy, il “costruire” rischia di restare teoria.
  • Il “condividere” e il “coinvolgere” alimentano il processo di revisione continua previsto nella fase “costruire”.

Per effettuare la trasformazione nel concreto, è necessario muoversi con un approccio iterativo e circolare:

  1. Progettare / ristrutturare la policy (costruire)
  2. Lanciare e comunicare la policy (condividere)
  3. Raccogliere feedback e migliorare (coinvolgere)
  4. Tornare a costruire miglioramenti iterativi
  5. Continuare il ciclo (modello agile, non “una volta e basta”)

“Cosa vogliamo che resti”

I laboratori di Verona hanno dato più di idee: hanno prodotto mappe cognitive, desideri, frustrazioni, tensioni reali.

Chi voglia prendere questo materiale e trasformarlo in policy partecipata e vivente deve:

  • Non sottovalutare l’aspetto umano: emozioni, linguaggio, riconoscimento.
  • Adottare un approccio “dal basso verso l’alto”, con coinvolgimento reale dei viaggiatori e delle funzioni aziendali.
  • Puntare su comunicazione e narrazione continua.
  • Prevedere cicli di revisione e adattamento, con misurazione costante.
  • Fare della policy non un vincolo, ma un supporto fidato, che alleggerisce, non che pesa.

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